Page - Crea
La prima causa di tali trasformazioni
modificata concezione della tecnica
osservato, “all’arte pura è stato generalmente
riconosciuto un grado di valore o di dignità più
elevato che all’arte applicata: lo stesso concetto
di applicazione implica l’idea di una precedenza
dell’arte pura e del successivo secondario impiego
delle sue forme nella produzione di oggetti d’uso.
Questo giudizio dipendeva dalla valutazione della
tecnica come mera pratica, e della pratica, e della
pratica come mera manualità, priva di ogni carattere
e forza ideale.
Il design è inteso come disciplina complessiva,
considerando in maniera unitaria le sue varie
declinazioni. Si tratta di una ricomposizione
teorica, di metodo e operativa, di aree in passato
talvolta considerate separate, già avvenuta nel
contesto contemporaneo e destinata a svilupparsi
nella pratica professionale, presso committenti, nei
luoghi della formazione e del confronto scientifico
e culturale. Vale a dire, in obbligata sintesi, che
i diversi ambiti presentano caratteri fortemente
confrontabili per approccio, metodologia, volontà di
comprensione delle situazioni contestuali, mentre si
differenziano per quanto riguarda lo specifico agire
strumentale e tecnico-operativo.
Queste installazioni lignee, ctatoniche e misteriche,
non sono elementi di arredamento perche presuppongono
attorno a sè uno spazio vuoto, indifferente,
disponibile a qualsiasi attività.Con la loro sola
presenza sono in grado di interrompere qualsiasi
scenario tradizionale. Essi si collocano a metà
strada tra l’architettura e il design, sia come
dimensione che come ruolo; superando sia quel “nobile
sentimento di indifferenza” del l’architettura verso
i propri interni, sia il limite oggettuale del
design, per farlo diventare protagonista espressivo
dello spazio vuoto.
Sono cioè i materiali interni alla loro poesia,
i riferimenti a terre lontane, a prodotti e a
miti che arrivano a Roma da regioni remote ai
confini dell’Impero, che nelle loro opere sono
la testimonianza di una vita quotidiana che
partecipava a questa nuova dimensione geografica e
conoscitiva. Una dimensione dove le citazioni non
sono dimostrazioni di cultura, ma sono il frutto
dell’interiorizzazione profonda della storia a
livello della vita quotidiana.
Ma nell’antico Giappone si pensava invece (come
Ettore) che “costruire bene il mondo” è l’impegno più
alto dell’uomo virtuoso; che esiste un significato
morale profondo nel costruire i grandi monumenti,
ma anche e soprattutto nel saper fare le piccole
ciotole, nei vasi per i fiori, nel costruire una
seduta come nessuno l’aveva ancora pensata.
La sua radice moderna, ma anche critica verso
una modernità omologante, nasceva da una sorta
di singolare impegno sociale (che potremmo forse
chiamare umanistico) che consisteva nel rispondere
attraverso il design alla necessità di stabilire un
intenso scambio culturale tra l’uomo e le superfici
del mondo che lo circondano; un colloquio che andava
oltre la dimensione funzionale, per esplorare gli
universi simbolici del pensiero umano. Un modo di
progettare il suo, attraverso codici intensi di
forme e colori, quasi a creare attraverso l’oggetto
di un microcosmo amichevole, ospitale, che nasceva
dall’attenzione verso la solitudine e le tragedie
dell’esistenza umana.
Riso verde.
1 - Tritate insieme, generosamente, prosciutto grasso
e cipolla.
2 - Mettete al fuoco con un filo d’olio, lasciate
rosolare.
3 - Lavate bene degli spinaci, strizzateli e
tagliateli molto finemente.
4 - Lessateli in tanta acqua.
5 - Uniteli al prosciutto e alla cipolla rosolati.
6 - Versate nel tutto un poco di brodo e condite con
sale e pepe.
7 - Lasciate consumare ancora.
8 - Unite il riso e continuate la cottura aggiungendo
man mano un filo di brodo.
9 - Togliete dal fuoco quando il riso è al dente.
Qualunque libro di cucina è un libro di metodologia
progettuale.
Non si deve pensare che esista un tempo per la
ricerca e un tempo per il progetto. Quella prima
idea, per quanto provvisoria, rappresenta una sorta
di orizzonte del lavoro e contiene in sè, pertanto,
già un valore progettuale . Tra ricerca e progetto
esiste una relazione tale per cui la prima alimenta
il secondo e questo, nel corso del suo sviluppo,
genera nuovi interrogativi che richiedono altra
ricerca. » come un andamento ciclico , simile a
quello lunare, nel corso del quale ad ogni nuova
mossa progettuale segue l’esigenza di nuove indagini,
sempre più mirate e raffinate.
Il wabi-sabi consiste in un riconoscimento estetico
della transitorietà della vita. L’albero che in
estate è rigoglioso ora è soltanto un groviglio
di rami secchi dotto un cielo d’inverno. Di uno
splendido palazzo non rimangono che le fondamenta
sgretolate, coperte di erbacce e di muschio. Le
immagini del wabi-sabi ci costringono a meditare
sulla nostra stessa mortalità, evocano la
solitudine esistenziale e una delicata tristezza. E
risvegliano un vago confort dolce-amaro, legato alla
consapevolezza che ogni forma di vita condivide lo
stesso destino.
In principio c’è sempre un tema. Può essere più o
meno complesso, dal punto di vista delle dimensioni,
della natura delle attività che racchiude, del valore
simbolico a cui è associato. Ma in generale si può
dire che progettare, all’interno di architetture già
esistenti, un piccolo alloggio, un bar, un negozio,
non è molto più semplice che progettare un museo,
una biblioteca o degli spazi per l’apprendimento.
In ogni caso il tema non rappresenta mai soltanto
una funzione o più funzioni. Ha sempre un valore più
ampio, che va colto e interpretato.
A nessuno piace mangiare soltanto il dessert.
Persino un bambino a cui è permesso mangiare tre
volte al giorno finirà per stancarsi. Allo stesso
modo, nessuno vuole esclusivamente la semplicità.
Senza la controparte della complessità non potremmo
riconoscerla quando la vediamo. I nostri occhi e
i nostri sensi si protendono, e qualche volta si
ritraggono, ogni volta che abbiamo a che fare con le
differenze.
Un dizionario dei gesti degli Italiani è divertente
e utile, tanto più se pensiamo che gli Italiani,
appunto, sono conosciuti in tutto il mondo perchè
si esprimono, oltre che con le parole, anche con i
gesti. Uno straniero che venga in Italia dovrebbe
conoscere quindi non solo la lingua, ma anche il
significato di molti gesti. Se chiedo, per esempio, a
un napoletano dov’è una certa strada lui si strofina
le mani sotto il mento, in un gesto molto preciso:
la punta delle dita unite viene appoggiata sul pomo
d’Adamo e poi staccata più volte verso l’esterno,
sfiorando il mento... Vuol dire: “e io che ne so, non
me ne frega nulla”
Perchè dobbiamo rassegnarci alle frustrazioni degli
oggetti d’uso quotidiano, alle cose che non si
capisce come funzionino, a quelle belle confezioni
di plastica che sembrano impossibili da aprire, alle
porte che ci chiudono in trappola, alla lavatrici
e asciugabiancheria che sono diventate troppo
complicate da usare, agli stereo-TV-audio-video-
registratori che si vantano nelle pubblicità di
fare qualunque cosa ma rendono quasi impossibile in
pratica fare alcunché?
Il buon design ha una sua evoluzione: il progetto
viene messo alla prova , si scoprono e si modificano
problemi e difetti, e poi viene continuamente
riesaminato e rimodificato fino all’esaurimento del
tempo, energia e risorse. Questo processo naturale
è caratteristico dei prodotti artigianali, in
particolare degli oggetti che fanno parte delle
tradizioni popolari. Quanto si tratta di oggetti
fatti a mano, come tappeti, vasellame, utensili o
mobilio, ogni oggetto nuovo può essere modificato
leggermente rispetto al precedente, eliminandone i
difetti, apportando piccole migliorie o sperimentando
nuove idee.
In questo senso Gio Ponti ha costituito un
“caso” non ripetibile, tipico di un’epoca dove
l’”individualismo” ha rappresentato un modo di essere
nella politica come nel l’arte; un modo di risolvere
attraverso la personalità di un protagonista i
nodi di una realtà complessa, un modo di azzerare
i problemi senza risolverli del tutto. Sindrome
italiana ricorrente, spesso interpretata come segno
del “genio italiano”, frutto di una rivolta anti-
storica che si conclude sempre con un accordo
diplomatico con la storia stessa.
La citazione adorniana ci suggerisce altri modi
di pensare all’usa e getta, altri lati della sua
filosofia. Oltre all’indifferenza per il possesso,
l’usa e getta corrisponde al piacere di padroneggiare
quanto di occorre hit et nunc, di consentire il
nomadismo e di abitare in piccoli alloggi, di
favorire il gusto per l’effimero, di rifiutare ciò
che suscita ricordi, di vivere tra mnemosine e
lesmosyne, ossia tra memoria e oblio. Considerando
che, nel gettare via qualcosa che abbiamo
utilizzato, si dovrebbe avvertire un senso di cinica
indifferenza, il gesto si sostiene sul rapporto tra i
due stati d’animo sopraccitati.
Seduti al tavolo lo sguardo corre alla finestra:
tra tetti, antenne, campanili e parabole spunta la
Madonnina del Duomo lì a due passi, e oltre le guglie
la vista arriva fino ai palazzi di Porta Nuova. Dal
living, invece, il panorama si sposta su scorci
vecchia Milano, ma poco distante il grattacielo della
Torre Velasca già parla moderno.
Sarebbe bello a volte viaggiare nel tempo- Scegliere
il luogo, l’epoca, la luce e l’arredo del sogno.
Essere il viaggiatore omerico ospitato per la notte
sul letto allestito nel portico. Dormire all’aperto
e al riparo nel letto formato da un telaio di legno
e strisce di cuoio, con giaciglio di foglie protetto
da tende di lino tese in estate e materasso di lana e
velli di montone d’inverno.Essere bio, eco, trendy,
a basso consumo e low profile senza saperlo. Essere
Dika, Anattoria, Cleide, Melis, o un’altra amica
di Saffo che nei frammenti scrive: “tutte le carni
d’un’essenza d’erbe t’ungevi, che fluiva, e d’un olio
regale: sfogavi sopra morbidi letti, desideri di
tenere compagne. Non c’era ballo, non c’era festa...
da cui fossimo assenti”.
Una veloce e sommaria elencazione di alcune delle
più comuni azioni quotidiane appare sufficiente per
comprendere come, sempre, siamo accompagnati da
oggetti (un treno, una sedia o un giornale) o servizi
(un pagamento digitale o un’informazione online),
che sono stati pensati, realizzati, resi disponibili
per un singolo o una molteplicità di utilizzatori.
All’origine di tali “cose”, fisiche o immateriali,
che quotidianamente entrano nelle nostre vite esiste
un processo globale di progettazione (collegato a
ideazione, produzione, distribuzione, comunicazione,
consumo, gestione del fine vita del prodotto): il
design.
Ma questa ricerca non è stata tanto un momento
mio particolare, quanto il mio riconoscermi in
quei modelli di riferimento a cui ho accennato
prima, il lavoro del carpentiere...nel recuperare
l’essenzialità di questo lavoro. E’ un’idea che ho
già espresso, cioè che gli operai possiedono già, in
certi momenti, fra quelli che non hanno relazione
diretta con la cultura ufficiale, gestiscono già
autonomamente qualcosa che non sanno riconoscere come
proprio perchè condizionati dagli altri modelli.
Senza rinunciare mai alla loro creatività, alla
loro autonomia di pensiero, tutti sembrano aderire
naturalmente alle logiche d’impresa; non subendole
ma precedendole, guidandole, intuendole molto meglio
degli industriali stessi. Questa affermazione
può sembrare strana, ma in realtà corrisponde a
una progressiva assimilazione di due culture un
tempo tradizionalmente diverse se non contrapposte
(progetto e impresa) che nel tempo si sono
identificate, rendendo spesso la qualità culturale
interscambiabile con la qualità commerciale.
Progettare esperienza in rete non significa
implementare un semplice sito internet.
Contraddistingue, invece, un orientamento verso le
potenzialità dell’interazione, del dialogo biunivoco,
dello scambio energetico, fisico e immateriale di
informazioni e conoscenza, in una rete infinita di
relazioni e contatti. E’ questo un campo d’azione ad
alta complessità che, sebbene inflazionato negli
ultimi tempi, necessita di un approccio innovativo,
capace di sfruttare a pieno le reali possibilità
offerte da questo media. L’utilizzo della rete,
l’azione e l’esplorazione di spazi irreali, virtuali,
di luoghi in cui si possono ridefinire delle regole,
delle leggi fisiche, può stimolare e suggestionare
un’esperienza unica, densa, significativa ed
emozionante.
La trasposizione di un magazine online deve
considerare molte variabili dettate dai vincoli
imposti dal media di riferimento. La densità
d’informazione tipica di una rivista, nell’ambito
digitale, rischia di appesantire la lettura
scoraggiandone la visione . La sintesi dei
contenuti, associata alla gerarchizzazione dei
pacchetti informativi, permette di mantenere
alta l’attenzione e la comprensione dei testi. Le
webzine, ovvero riviste digitali, simili a portali
tematici, necessitano di flessibilità e aggiornamenti
continui e rapidi. Di una redazione dei contenuti web
oriented, così che possano essere accessibili in modo
molto diretto e chiaro.